mercoledì 13 giugno 2012

Giovanni Fasciano : crac da 40 milioni di euro per il re degli orologi tra debiti e nozze vip..

Il tempo non fu clemente né la sera prima del fatidico «sì», né la sera del party organizzato il giorno delle nozze. Tuttavia, di quel matrimonio da mille e una notte tra l’ex re degli orologi Chronotech, il barese 37enne (all’epoca) Giovanni Fasciano e la studentessa di Palese, ex frazione di Bari, Enrica Nino, celebrato il 20 settembre 2008, se ne ricordano ancora in tanti. Soprattutto per il parterre di vip che quel pomeriggio animò la Basilica di San Nicola per la presenza di due testimoni d’eccezione, il patron del Billionaire, Flavio Briatore, e la sua amata, Elisabetta Gregoraci. Una festa che sarebbe costata non meno di 800mila euro, secondo un’annotazione della Guardia di finanza di Bari finita agli atti della procedura di concordato preventivo proposto al Tribunale di Bari dalla società della famiglia Fasciano, la Watch service (già Global watch industries fondata nel 2004). Un impero che nel 2007 aveva raggiunto un fatturato di oltre 75 milioni di euro, con oltre 2 milioni e 300mila orologi venduti in tutto il mondo con il logo Chronotech (prodotti tra Hong Kong, Cina e Svizzera), uno dei marchi in portafoglio insieme a Blumarine, GFFerrè, Exté, Diadora, Sweet Years, Romeo Gigli, Givenchy, Billionaire, Hollywood Milano, Baci & Abbracci, Polizia di Stato, la squadra di calcio del Milan e la Juventus. La lista dei creditori ammessi al concordato è lunga: tra i 560 in attesa di un pagamento vi sono anche le show girl Aida Yespica e Melissa Satta, due delle testimonial scritturate da Fasciano per far «girare» il suo marchio che spiccava tra gli sponsor della Formula Uno. Dicevamo del matrimonio. I dettagli furono curati da un nome di spicco delle wedding planner italiane, la figlia del ct della nazionale Stefania Lippi, già regista delle ormai celebri «nozze in babucce» Briatore- Gregoraci. La sera prima della cerimonia in Basilica, fu organizzato un party a «Coccaro beach», mentre dopo il «sì» pronunciato alla presenza di padre Damiano Bova in Basilica, il piazzale della Corte del Catapano fu allestito a dovere per il catering chiamato ad organizzare un ricco aperitivo. In serata, poi, tutti alla masseria «San Domenico» per la festa nuziale. Come già detto, si trattò di nozze un po’ funestate dal maltempo. C’è chi ricorda che, per far fronte alla pioggia, furono realizzati gazebo ad hoc a bordo piscina per mettere al riparo gli ospiti. Tutte spese (circa 800.000 euro) che secondo la Guardia di Finanza sarebbero state iscritte nel bilancio dell'azienda come "metting aziendale" e che avrebbero quindi contribuito ad un crack seguito da una procedura di concordato preventivo. Nell’estate del 2010, la «Global watch industries (prima spa poi srl), decide di cambiare denominazione in «Watch service srl», azienda che presenta la proposta di concordato preventivo al tribunale di Bari. L’offerta è di 17 milioni di euro, a fronte dei 40 e passa di debiti. Il fascicolo viene affidato al giudice delegato, Franco Lucafò, presidente della sezione fallimentare del tribunale di Bari. Il magistrato nomina tre commissari giudiziali (il prof. Vincenzo Vito Chionna, la dott.ssa Mariangela Quatraro e il dott. Domenico Cocola): la terna si mette al lavoro e passa al setaccio i conti aziendali e si tuffa in indagini internazionali sui marchi e sulle compravendite immobiliari. La conclusione dei commissari non è proprio positiva per i creditori tant’è che ritengono non sufficientemente robuste le poste nell’attivo della società. L’azienda, a ottobre scorso, rinunzia al concordato. Un atto più unico che raro nella procedura fallimentare che trova una spiegazione solo nel caso in cui si voglia fare una proposta migliorativa. La terna dei commissari manifesta «dubbi» su tale procedura (si teme un’alienazione dei beni) mentre la procura, rappresentata dal procuratore aggiunto, Pasquale Drago, chiede addirittura il fallimento. Istanza dichiarata inammissibile dal tribunale che decide di accogliere la rinunzia al concordato. A gennaio viene presentata una proposta «migliorativa» della precedente, ma che conserva gli stessi «saldi»: 17 milioni di garanzie in particolar modo rappresentate da crediti, scorte di magazzino e due immobili (a Bari e Milano) per un valore di 3,5 milioni di euro. La parola ora passa ai creditori all’udienza del 27 giugno: per quella data è atteso un assegno di 2,6 milioni di euro di un fondo arabo interessato all’acquisto di un credito dell’azienda. La procura non si è espressa.
(fonte la Gazzetta del Mezzogiorno.it)

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